- introduzione
- 1. La prima confusione:le differenze epistemologiche
- 2. Confusioni all'interno del gruppo degli interventi psicoeducativi
- 3. Differenze di "scuola" all'interno degli approcci
psicoeducativi
- 4. L'intervento psicoeducativo moderno
- 5. La realtà dell'intervento psicoeducativo oggi
in Italia
- 6. Conclusioni
- 7. Bibliografia
L'intervento educativo inizierà prima possibile, quando abbiamo prove della presenza di un PDD in un bambino piccolo, ancora prima di poter definire la diagnosi categoriale precisa, e ancora prima di aver terminato tutti gli esami medici o clinici necessari e utili. Immediatamente inizierà anche l'informazione, la formazione, il coinvolgimento dei genitori.L' intervento sarà intensivo:occorre lavorare attivamente per prevenire gli effetti a cascata sul comportamento delle difficoltà dell'autismo in un bambino e nella sua famiglia. La ricerca ha dimostrato l'efficacia di un intervento che dura molte ore al giorno, ma ha contraddetto la convinzione che è il tempo della terapia, almeno 40 ore alla settimana, a renderla efficace; Ozonoff e Catchart (1998) hanno dimostrato che un intervento a carattere flessibile, legato all'organizzazione dell'ambiente naturale di vita della famiglia, con 20 ore alla settimana poteva dare risultati migliori di un intervento con una durata doppia in termini di tempo, basato su principi di normalizzazione, curriculum e strumenti artificiali. Certamente la probabilità di miglioramenti aumenta con un intervento che influenza l'organizzazione dell'intera giornata del bambino; e diminuisce drasticamente se l'intervento è limitato a qualche sporadica ora di terapia.
Relazione sociale reciproca e comunicazione, oltre all'uso degli oggetti, sono al centro del curriculum per un bambino piccolo. E' necessaria una valutazione di sviluppo, e l'intervento iniziale cercherà di seguire le tappe dello sviluppo.
Adattando l'ambiente e il modo di insegnare alle caratteristiche del bambino (visualizzazione delle sequenza, organizzazione visiva degli spazi, studio per rendere chiarii compiti), si cominciano ad insegnare comportamenti cardine (Koegel e al., 1987): stare seduto, guardare, imitare, fare su richiesta, ricevere e inviare messaggi comunicativi.Anche la riduzione dei comportamenti problema diventa oggetto di lavoro, con la strategia ritenuta più efficace per quel bambino e per quel problema, con l'uso di tecniche comportamentali, con l'attenzione alla funzione comunicativa del comportamento, con mezzi atti a prevenirlo. In tutto questo, l'uso delle motivazioni e interessi del bambino, l'uso di conseguenze e attività naturali, il coinvolgimento dei famigliari, tutto ciò aumenterà la probabilità del mantenimento e della generalizzazione; il gioco è parte del curriculum, e in questo una certa dose di modalità interattive è probabilmente utile. Successive valutazioni accompagneranno il processo, con attenzione a modi oggettivi per la raccolta dei dati. Le modalità di insegnamento non cambieranno, il curriculum procederà verso attività funzionali (autonomia personale, spostamenti, tempo libero), verso un aumento della comunicazione, dove si punterà alla comunicazione prima che al linguaggio, si utilizzeranno dove necessario strategie, tecniche e strumenti di comunicazione aumentativa, si ingegnerà poi, dove possibile, il linguaggio verbale (Wetherby e al, 1997.; Watson e al., 1997), incrementandolo con insegnamenti strutturati da applicare poi nella situazione naturale, con conseguenze naturali.
Abilità sociali verranno poi insegnate sia con mezzi diretti (istruzioni dirette e insegnamento di abilità) sia indiretti (organizzazione di situazioni sociali facilitate), con mete adatte all'età e alle situazioni sociali vissute dal bambino; le abilità di lavoro, le abilità scolastiche entreranno nel curriculum.
Abilità socio cognitive come decentramento, punto di vista degli altri, lettura della mente, problem solving e autocontrollo. Servizi e strutture per lavoro, il tempo libero, la vita residenziale utilizzeranno le modalità di controllo del comportamento sia di tipo comportamentale sia basate sull'organizzazione facilitante dell'ambiente in modo da offrire spazi di qualità per la vita delle persone che manterranno un certo grado di dipendenza, mentre un supporto psicologico e/o una rete permanente di aiuto sarà utile per chi riuscirà ad avere autonomia ma incontrerà difficoltà e tensioni che richiederanno aiuto e sostegno. Ecco alcuni requisiti necessari per poter effettuare questo trattamento:
Con questi requisiti credo che qualsiasi interpretazione dell'intervento psicoeducativo potrà produrre i migliori effetti possibili per il trattamento di un bambino, adolescente o adulto con autismo. Aggiungo u importante requisito:
Cosa significa questo? Facciamo un esempio: nel campo della comunicazione l'operatore è stato formato soprattutto nelle tecniche per modellare l'uso del linguaggio verbale;una valutazione dice che il bambino non ha questo nel suo potenziale di sviluppo prossimale; l'operatore è in grado di rivolgersi a strategie di comunicazione aumentativa per insegnargli abilità di comunicazione utili per scambiare messaggi nel suo ambiente.
Molti bambini con queste modalità fanno notevoli passi avanti, altri migliorano poco e altri non migliorano. Questa è una spinta a esplorare strade nuove e nuove combinazioni tra componenti già note. Certo non significa seguire qualunque nuova proposta.
La ricerca del nuovo è parte integrante della filosofia psicoeducativo; questa ricerca si giova se seguiamo alcune regole chiare: utilizzare strategie, tecniche e strumenti per l'educazione del bambino che si sono rivelati validi con l'esperienza e la ricerca; imparare a combinarle in modo creativo e ad adattarle alle caratteristiche individuali della persona; cercare e studiare il nuovo, sperimentarlo con attenzione e rispetto delle persone, e quindi introdurlo e applicarlo solo quando si è rivelato valido, integrandolo con, non sostituendo, gli strumenti validi di cui già disponevo.
L'INTERVENTO PSICOEDUCATIVO POSSSIEDE ORMAI UNA RICCHEZZA METODOLOGICA TALE DA ADATTARSI AI BAMBINI, NON HA BISOGNO DI PRETENDERE CHE I BAMBINI SI ADATTINO ALL'APPROCCIO.