- sommario
- introduzione
- Conoscenze scientifiche sull'autismo e sul trattamento:
una responsabilità
- L'intervento educativo nella sfera scolastica
- La valutazione delle abilità del soggetto
autistico
- La programmazione delle attività educative
- Organizzazione al servizio degli aspetti tecnici
- Il problema dell'integrazione
- Integrazione: aspetti tecnici
- Conclusioni: verso una riforma
- Bibliografia
Le conoscenze sul trattamento dei bambini autistici portano all'affermazione che il trattamento di elezione è l'educazione. Dato che nella maggioranza dei casi non c'è una malattia da curare, ma occorre costruire specifiche abilità, bisogna insegnare al bambino le abilità (in campo motorio, cognitivo, comunicativo, linguistico, ecc.) che possono compensare le sue difficoltà; bisogna insegnare al bambino abilità sociali (dalla prossimità e dal contatto con altri alla soluzione dei problemi interpersonali, passando attraverso la riduzione dei comportamenti disturbanti); bisogna insegnare al bambino a usare nell'ambiente reale le abilità apprese. Inoltre, sappiamo che questa educazione del bambino ha una notevole efficacia se l'insegnamento è precoce e intensivo, se il percorso educativo é attentamente strutturato, se l'ambiente e i modi di insegnare sono adattati alle caratteristiche di funzionamento delle persone con autismo, e se i genitori sono adeguatamente coinvolti, informati e formati (Schreibmann, 2000).
Qualche commento a queste che sono vere e proprie linee guida cui occorre conformare i nostri interventi. Innanzitutto sappiamo che più sono le ore di veglia del bambino dedicate a un'attenta e intelligente quantità di ore di apprendimento e di attività utili, più il bambino migliorerà.
Sappiamo che l'intervento deve essere intensivo: il bambino non può perdere tempo. Sappiamo che un'ora persa sarà un peso in più nella sua età adulta. Tutto il suo tempo deve essere significativamente occupato, esattamente come accade per gli altri bambini. Cosa penseremmo se, all'inizio dell'anno scolastico, i nostri figli tornassero a casa da scuola dicendo che il programma non è iniziato e che, per vari motivi, incomincerà a gennaio? Che la maestra ha bisogno di alcuni mesi per conoscere la classe prima di sapere cosa fare? Sappiamo anche che è indispensabile che gli insegnanti che si occupano dei bambini autistici sappiano cosa stanno insegnando e organizzino tutte le attività in modo che siano utili per quello che vogliono insegnare. Questo vuol dire che devono metterli a tavolino per tutte le ore? No, l'insegnamento attentamente strutturato comprende anche il gioco, la relazione sociale, l'attività motoria, il riposo, il rilassamento, il cibo, le passeggiate. Per quanto riguarda poi la necessità di adattare alle caratteristiche dell'autismo il contenuto e le modalità dei nostri insegnamenti, sappiamo che le istruzioni dell'insegnamento vanno comunicate in modo che possano essere raccolte e processate dagli allievi, e quindi occorrono strategie per organizzare l'ambiente e la struttura delle attività in modo che siano agevolmente processate da chi ha deficit di linguaggio, di teoria della mente, di funzione esecutiva, di coerenza centrale (Schopler, 1997; Micheli, 1999; Micheli e Zacchini 2001). Anche il dato che ci dice che genitori coinvolti, informati e formati portano a migliori risultati dell'intervento comporta delle conseguenze sul nostro operato. I genitori vanno riconosciuti nel loro diritto, nei confronti della scuola, della sanità, del servizio sociale, di essere partner informati e collaboranti del processo di intervento. I genitori sono esperti del loro bambino, la loro visione conta nel definire le priorità dell'intervento, per partecipare attivamente occorre che si possano riconoscere in una serie di necessità del bambino su cui si lavora in modo condiviso. Informazione accurata, parent training individuale e di gruppo sono le azioni necessarie per avere genitori formati e informati. Il contatto tra operatori dell'educazione e genitori e tra genitori e genitori deve essere specifico sui problemi condivisi. Occorrono quindi incontri di genitori che condividono lo stesso problema.
Sul piano operativo si ravvisano molteplici difficoltà. Le ore di terapia, quando finalmente si riesce a offrirle, sono al massimo (e molto raramente) 4 alla settimana. Il bambino che frequenta la scuola di solito non frequenta il tempo pieno. Del tempo che il bambino frequenta la scuola solo una piccola parte può essere definita intervento consapevole e intensivo. Passano giorni se non mesi prima che il bambino, all'inizio dell'anno scolastico, sia messo al lavoro in modo razionale. L'insegnante non struttura interventi precisi per un bambino perché: non è preparato per interventi educativi per abilitare un bambino disabile; è difficile conciliare gli orari delle varie figure coinvolte; la struttura dell'intervento speciale è confusa dalla necessità di essere paralleli alla classe. L'ambiente in cui il bambino dovrebbe imparare è per gran parte del tempo una classe in cui i bambini fanno cose che lui non capisce o che non gli interessano: e non soltanto le attività di studio, ma anche il gioco e le relazioni spontanee sono spesso al di là della sua comprensione o della sua motivazione. Questo ambiente non è organizzato per facilitare il lavoro, la comunicazione, le relazioni sociali di un bambino autistico e, quindi, non previene i comportamenti problema. Le risposte dell'ambiente ai comportamenti problema spesso li consolidano invece di estinguerli. I genitori quasi sempre vorrebbero esser informati e guidati in precisi interventi a casa, e spesso hanno dalla sanità la risposta: «Fate i genitori», e dalla scuola il contatto con persone che dichiarano apertamente la loro impreparazione e l'invito a incontri con un numero soverchiante di genitori di bambini normodotati che non li aiutano a trovare soluzioni per i loro particolari problemi.