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Integrazione e educazione: due diritti in contrasto?

di Enrico Micheli
(Estratto da AUTISMO e disturbi dello sviluppo Vol. 2, n. 2 maggio 2204
Edizioni Erickson Trento, che ringraziamo per la gentile concessione)


Indice

- sommario
- introduzione
- Conoscenze scientifiche sull'autismo e sul trattamento: una responsabilità
- L'intervento educativo nella sfera scolastica
- La valutazione delle abilità del soggetto autistico
- La programmazione delle attività educative
- Organizzazione al servizio degli aspetti tecnici
- Il problema dell'integrazione
- Integrazione: aspetti tecnici
- Conclusioni: verso una riforma
- Bibliografia

 

Conclusioni: verso una riforma

Avere idee sui valori da raggiungere o salvaguardare non richiede la creazione di una ideologia. È chiaro che noi cittadini italiani abbiamo maturato i valori dell'integrazione, che siamo contrari alla segregazione di bambini e adulti in scuole speciali o in istituti totali. Il rischio è che queste idee e questi valori diventino non una guida concreta per l'azione, ma diventino una ideologia fine a se stessa. Quando da noi dominava l'ideologia della segregazione questa rendeva impossibile ragionare caso per caso, situazione per situazione: il diverso andava segregato, per il suo bene e per quello della società. Pensiamo che in molti Paesi anche vicini a noi, per esempio la Francia, è normale che un bambino autistico in età scolare venga ricoverato in un istituto medico psicopedagogico, che somiglia molto a un ospedale psichiatrico, con lo scopo di svolgere gli interventi cui ha diritto, e per proteggere il diritto a un'adeguata educazione del soggetto disabile e dei suoi coetanei normodotati; possiamo quindi dire che l'ideologia della segregazione pone il diritto all'educazione contro il diritto all'integrazione.

E' giunto il momento di chiederci se nel nostro Paese non rischiamo di usare il diritto all'integrazione come negazione al diritto all'educazione. E così anche l'integrazione diventa una ideologia; in nome di un'idea vengono danneggiati gli interessi vitali di un bambino. Ecco un esempio in cui un diritto viene usato a scapito dell'altro. Sei in una scuola e osservi che, mentre l'intera classe lavora, una bambina autistica gira su se stessa in mezzo all'aula, viene naturale chiedersi: «Perché deve stare lì?». Quando poni la domanda, la risposta è: «Deve stare in classe perché deve essere integrata». L'ideologia quindi ci impedisce di accorgerci che così la bambina perde tempo prezioso per la sua educazione e in più impara un comportamento problema. L'idea dell'interazione ci serve inoltre per coprire un'inadeguatezza organizzativa; visto che non riusciamo a organizzare le cose in modo da raggiungere nostri scopi, scegliamo un'ideologia, che copre e giustifica le nostre mancanze o limiti. Inoltre, l'ideologia ci copre gli occhi e non riusciamo più a vedere, e ad analizzare la realtà con occhi e mani «scientifici», e non siamo quindi più in grado di modificare gli ambienti o le situazioni che sarebbero da cambiare, ma vengono giustificati da queste motivazioni puramente ideologiche. Liberarsi dall'«ideologia dell'integrazione» significa tornare a dare concreta importanza al «valore integrazione». Occorre una sintesi che unifichi il valore dell'educazione con il valore dell'integrazione. Io formulo questa sintesi come «diritto all'educazione all'interno della scuola di tutti». I due principi sono insieme ma distinti. Il diritto a un'educazione efficace, secondo aggiornate conoscenze e con appropriate organizzazioni e capacità operative, all'interno della scuola di tutti, può essere una buona guida per il nostro lavoro.

Quello che non si può più accettare

  • Un sistema che porta a individuare il problema del bambino troppo tardi.
  • Un percorso di valutazione delle abilità e di programmazione educativa troppo lungo.
  • Le enormi perdite di tempo derivate da burocrazia, incompetenza, cattiva organizzazione.
  • Il costante cambiamento degli insegnanti.
  • L'esposizione dei bambini e dei genitori a situazioni stressanti e dolorose.
  • Lo «scaricabarile» ai genitori, in termini di orari, di competenza, di responsabilità.
  • L'affidare i nostri bambini a chi dichiara di essere incompetente.
  • Lo spreco continuo di risorse.

Non possiamo più far finta che queste disfunzioni non esistano. Bisogna essere capaci di accettarle come problema, accettarle come qualcosa che va cambiato, accettarle come qualcosa che esiste. Dichiarare e riconoscere il problema senza trincerarsi dietro lo stereotipo «Tutti all'estero ci invidiano l'integrazione». Non possiamo più perdere tempo. Troppi genitori hanno sentito l'affermazione «Non so cosa fare con questo bambino» in bocca alle persone che hanno il compito di aiutare loro e il loro bambino. Questo vuol dire anche che troppi operatori sono stati costretti dall'attuale sistema a mettersi in una condizione di sofferenza tale da arrivare a dire questo a un genitore. Sarà un gigantesco passo in avanti quando i responsabili del sistema sanitario, sociale e educativo che ha il compito dell'educazione degli individui disabili nella scuola di tutti, invece che trincerarsi dietro l'ideologia dell'integrazione, riusciranno a dire: «Ci spiace, siamo ancora lontanissimi dagli standard, ma stiamo lavorando per fare alcuni passi nella direzione giusta. Abbiamo ottenuto per esempio la creazione di un gruppo appositamente specializzato per l'autismo, in una scuola della provincia». Questo è l'atteggiamento necessario.

Scopo di una riforma

Occorre dare concrete possibilità di affermarsi al diritto all'educazione nella scuola di tutti, con una organizzazione delle risorse in grado di mettere in pratica gli obiettivi concreti che ne derivano.

È giunto il momento in cui gli esperti, chi ha studiato, ha lavorato e ha maturato conoscenze in merito, e tutte le persone che hanno responsabilità nella costruzione della conoscenza nell'ambito di questo problema, dichiarino la necessità di una riforma. Occorre lavorare attivamente per una riforma. La riforma ha lo scopo di dare concrete possibilità di affermarsi al diritto all'educazione nella scuola di tutti. E la riforma è una riforma dell'organizzazione dell'integrazione scolastica come è regolata oggi dalla legge. Ci vuole un'organizzazione delle risorse in grado di mettere in pratica gli obiettivi concreti che derivano dal diritto all'educazione nella scuola di tutti. Se questo è l'obiettivo che il Paese si pone, l'organizzazione deve essere tale da poterlo raggiungere. L'attuale organizzazione non riesce a raggiungere questi obiettivi e, quindi, una riforma è necessaria. Sono convinto che il punto principale da cambiare non è il numero degli insegnanti di sostegno o il modo per determinare l'individuazione al diritto all'insegnante di sostegno. La riforma principale è nell'organizzazione delle risorse. Stiamo cercando di perseguire i nostri scopi con forme e mezzi che non sono adeguati per raggiungerli.

Modalità per rendere concreto il diritto all'educazione nella scuola di tutti per i bambini autistici

  1. I servizi sanitari e scolastici si organizzano per prevedere in anticipo, anno per anno, i bambini con disturbi dello spettro autistico che entreranno nelle scuole.
  2. Questi bambini saranno indirizzati in scuole appositamente attrezzate.
  3. Queste scuole attrezzate avranno insegnanti specializzati per l'educazione dei bambini con autismo, e insegnanti curricolari informati, e aggiornati e formati sul problema e sulle tecniche di integrazione.
  4. Verranno definiti i responsabili educativi dei diversi gruppi di bambini, stabili nel tempo, e con responsabilità di guida nei confronti di collaboratori più giovani, meno esperti o precari.
  5. La scuola e gli insegnanti specializzati organizzano spazi appositamente attrezzati per il lavoro educativo con bambini autistici e portano avanti il curriculum educativo per la riabilitazione.
  6. La valutazione delle abilità e delle caratteristiche dei bambini, possibile in molti casi anche prima dell'ingresso a scuola, e in ogni caso svolta nella prima settimana di lavoro, porta a definire per ogni bambino i tempi e le attività in comune con i coetanei normodotati, dal 100% allo 0%, con una programmazione dinamica.
  7. I genitori dei bambini autistici troveranno opportune attività di incontro, informazione, formazione, e contribuiranno all'individuazione delle priorità dell'intervento, al monitoraggio e al lavoro educativo in ambito familiare.

Quello che può essere organizzato oggi, in attesa di una riforma

Anche se esistono in altri Paesi numerosi modelli di organizzazione dell'intervento educativo su questi principi (per esempio GAUTENA nei Paesi Baschi, Spagna, e TEACCH nel North Carolina, USA), sappiamo che numerosi e gravi sono i fattori che nel nostro Paese rendono molto difficile una riforma come quella descritta. Anzi, è fondato il timore di essere costretti ad assistere a una controriforma: la semplice e concreta impossibilità di avere il rispetto dei diritti dei soggetti disabili, la diminuzione delle opportunità di ricevere educazione e la riduzione delle opportunità di integrazione. Forse è già troppo tardi... sono convinto che muoversi molto rapidamente, operatori, genitori, insegnanti, nella direzione da me proposta potrebbe essere un modo per scongiurare una probabile controriforma che si avvicina. Contemporaneamente possiamo dare maggior spazio e visibilità ai molti colleghi e insegnanti che lavorano e hanno ottenuto «spezzoni» di riforma. Esistono, formalmente riconosciute o semplicemente messe in pratica da operatori di buona volontà e di buona esperienza. Personalmente in Lombardia ho contribuito a diversi tentativi in questa direzione, alcuni dei quali hanno avuto riconoscimenti formali e buoni risultati; so che altri tentativi esistono in molte parti d'Italia.

Un indicatore significativo di risultato è il primo giorno di scuola di un bambino autistico. Una misura della vischiosità ai cambiamenti dell'organizzazione esistente è per esempio il fatto che a Milano, lavorando con un'intensità fortissima, ci abbiamo messo circa quindici anni per arrivare alla presenza di una scuola elementare nella quale per ogni bambino che arrivava era già pronto un lavoro significativo il primo giorno di scuola, esisteva un gruppo di insegnanti qualificate e stabili, la insegnati curricolari erano informate e partecipavano all'iniziativa con le loro classi, il lavoro era organizzato in modo tale che, ogni volta che cambiava un insegnante, chi restava poteva continuare il lavoro che procedeva senza interruzione in quanto preparato e strutturato.

Diritto all'educazione quindi, e diritto a non essere segregati. Non ce ne accorgiamo, ma in realtà stiamo giocando questi diritti l'uno contro l'altro: la nostra intenzione di integrare si scontra spesso con le azioni necessarie per educare. Il nostro attuale sistema non può che produrre bambini malamente educati e malamente integrati. Certamente alcune nostre rare sperimentazioni e organizzazioni in altri Paesi producono risultati migliori.

So che in molte parti del Paese numerose persone impegnate e preparate cercano con tutte le loro forze di avvicinarsi alla qualità di intervento necessaria e possibile. So anche che la mia penna non è stata capace in questo articolo di rappresentare adeguatamente la drammaticità delle situazioni - e sono la maggioranza -, in cui le persone coinvolte in questo devastante disturbo sono affidate a operatori e a organizzazioni non preparati ad accoglierle.

 

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